La tecnica di soffiatura del vetro risale al I secolo a.C., inventata in Palestina, è una lavorazione perfezionata nei secoli successivi e ben diffusa dai romani, sviluppata anche con soffiatura in stampi di legno e di bronzo rendendo molto più veloce la produzione vetraria di oggetti cavi.
Il maestro, aiutato dai suoi assistenti, il servente e il serventino, modella l’oggetto soffiando a bocca attraverso un lungo tubo metallico, la cosiddetta canna da soffio, un bolo di vetro più o meno grande secondo esperienza e previsione di misure finali. Il vetro incandescente prelevato dal crogiuolo all’interno del forno, viene soffiato e poi modellato manualmente con l’utilizzo di specifici strumenti tra cui una speciale pinza, detta borsella
Essa viene utilizzata per pizzicare l’oggetto, per strozzarlo, per depurarlo dalle imperfezioni, per aprirlo o per dargli una forma precisa. La canna è spesso bagnata per raffreddarla, e durante il lavoro viene continuamente fatta roteare per evitare che la forza di gravità deformi il vetro, mantenuto morbido con frequenti inserimenti in forno.
La soffiatura può essere effettuata anche in uno stampo che a Murano è solitamente di legno di pero, tenuto immerso in acqua prima dell’utilizzo, ed è costituito da due o tre parti incernierate su cui sono presenti dei fori per far uscire aria e vapore acqueo quando il maestro soffia il vetro ruotando la canna da soffio. Lo stampo può essere anche in bronzo fatto in un unico pezzo troncoconico quando si vuole imprimere all’oggetto uno specifico motivo decorativo.